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In occasione del Convegno "Verso una società libera dal fumo. Le tre P: progressi, problemi, prospettive" che si è svolto a Roma presso il Centro Congressi Apat, il Ministro della Salute Livia Turco ha inviato il seguente messaggio: "La lotta al fumo resta tra le grandi priorità delle politiche di salute del Governo e del Ministero della Salute in particolare. Come rilevano i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il fumo è la prima causa di morte facilmente evitabile, responsabile ogni anno della morte di 5 milioni di persone in tutto il mondo per cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie. In Italia sono circa 80 mila le persone che perdono la vita a causa del fumo e molte di queste sono in età tra i 35 e i 69 anni. Donne e uomini che avrebbero potuto vivere anche 10, 20 o 30 anni in più ancora in buona salute se avessero evitato di fumare. Mediamente, infatti, sono 22 gli anni di vita persi per colpa del fumo. Nel nostro Paese i fumatori sono più di 11 milioni e la classe di età con il maggior numero di fumatori è quella tra i 25 e i 44 anni, sia per gli uomini che per le donne. L’attuale normativa italiana per la limitazione del fumo negli ambienti di vita e di lavoro, a tre anni della sua entrata in vigore, presenta un bilancio positivo soprattutto per quanto riguarda la tutela della salute dei non fumatori, conseguente ai divieti di fumo nei locali pubblici e negli uffici. Abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione nei comportamenti e nelle abitudini degli italiani fumatori, che hanno rispettato la norma, rinunciando, con grande senso di civiltà e rispetto degli altri, a fumare nei luoghi pubblici, in particolare nei bar e nei ristoranti. Per quanto riguarda i fumatori, a tre anni dalla legge, gli ultimi dati ISTAT mostrano una riduzione della prevalenza passata dal 23,9% nel 2003 (maschi 31,0% femmine 17,4%) al 22,1% nel 2007 (maschi 28,2% femmine 16,5%). Un calo quindi c’è stato a dimostrazione della capacità dissuasiva della normativa Ma deve far riflettere il fatto la diffusione dell’abitudine al fumo è ancora troppo alta tra i giovani (nel 2007, nella fascia d’età 20-24 anni, i fumatori sono il 28,8% (33,8% maschi e 23,5% femmine) e che aumenta la percentuale di giovani che iniziano a fumare ancor prima dei 14 anni soprattutto tra i maschi (+ 60% tra il 2000 e il 2005). Un altro indicatore ci aiuta poi a convenire sulla necessità di una ripresa forte delle iniziative di contrasto e soprattutto di prevenzione. Ed è quello relativo alla percentuale di persone che hanno tentato di smettere di fumare. Il Sistema di Sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) indaga diversi aspetti riguardanti l’abitudine al fumo. Dai dati provvisori del 2007 emerge che circa il 40% delle persone che fumano ha tentato di smettere negli ultimi 12 mesi, ma, di questi, oltre l’80% ha fallito il tentativo. Hanno tentato di più gli uomini ed i giovani fra 18 e 34 anni. Dobbiamo quindi rafforzare l’impegno ma anche avviare nuove politiche per “scoraggiare i fumatori”, che puntino soprattutto sul “convincimento della persona”. Per questo abbiamo voluto dedicare una grande parte del programma interministeriale “Guadagnare salute” alla lotta contro il fumo, prevedendo delle strategie specifiche di intervento, in particolare per proteggere dal fumo passivo, prevenire l’iniziazione al fumo dei giovani, aiutare i fumatori a smettere. Ugualmente importante è la ratifica della Convenzione dell’OMS sul controllo del tabacco da parte dell’Italia. Essa prevede tra l’altro il divieto di vendere sigarette ai minori di 18 anni. Una misura opportuna e giusta che ritengo sia nostro dovere adottare quanto prima. Ma uguale attenzione va comunque posta verso i fumatori adulti con un più incisivo coinvolgimento dei medici nella promozione e adozione di programmi di dissuasione al fumo. Una nuova sfida significativa è quella da intraprendere nel mondo del lavoro avviando una vera e propria alleanza contro il fumo, sull’esempio di quanto già attuato in alcune realtà produttive che hanno messo a disposizione dei propri dipendenti specifici programmi di dissuasione al fumo in ambito aziendale. Importante è anche rivedere la legge 626 del 1994 sulla prevenzione e sicurezza del lavoro, prevedendo di inserire il fumo tra gli elementi nocivi per la salute dei lavoratori (pensiamo a quanto si fa per prevenire il lavoratore dai rischi di una sbagliata esposizione al computer, a fronte del fatto che non si è previsto nulla sui luoghi di lavoro per contrastare il fumo). Inserendo il fumo tra i fattori di rischio previsti per legge si avrebbe il vantaggio di rendere più facili i controlli nei luoghi di lavoro da parte delle maestranze interne e in ogni caso si testimonierebbe un’attenzione del mondo del lavoro in sé a questa problematica. Come vedete siamo di fronte a un insieme importante di azioni che intendiamo promuovere con tutte le nostre energie e con il massimo coinvolgimento delle Regioni e degli operatori sanitari, ma anche del mondo della scuola, del lavoro, della cultura e dell’informazione. Rinunciare alle sigarette è possibile, anche se a volte, nonostante la consapevolezza dei danni, è difficile decidere. Questo Convegno è l’occasione giusta per fare il punto della lotta al fumo. Discutere delle difficoltà ancora presenti, e degli inevitabili insuccessi, per poter ridefinire la strada da percorrere, sicuri di lavorare per il benessere di tutti. Costruire una Società libera dal fumo richiede un approccio non solo sanitario, ma che tenga conto delle implicazioni sociali, culturali, ambientali del problema “fumo” e che richiede cooperazione e coordinamento con numerosi soggetti e diverse Istituzioni/Amministrazioni. Il programma “Guadagnare Salute” rappresenta uno strumento in più per tutti. Il programma, infatti, punta al coordinamento fra diversi livelli istituzionali, alla programmazione condivisa per agire sui principali fattori di rischio (fumo, abuso di alcol, scorretta alimentazione e inattività fisica) responsabili del maggior numero di morti e malattie croniche in Italia, al fine di migliorare la salute dei cittadini, eliminare disuguaglianze sociali e, al tempo stesso, continuare a garantire la sostenibilità del Sistema sanitario, in termini economici e di efficacia. Il Piano punta sull’intersettorialità, ossia sul coinvolgimento attivo di Amministrazioni centrali, regionali, locali (oltre che del settore sanitario, della scuola, del privato sociale e delle diverse filiere produttive) per modificare gli stili di vita non solo con interventi sugli individui, ma con politiche coordinate tra responsabilità diverse che favoriscano nelle persone le scelte di vita salutari. E’ una grande e bella sfida, che sono certa si possa vincere."