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Cari colleghi,
l’attenzione mediatica che si è verificata in occasione dell’approvazione dell’atto di indirizzo per il rinnovo dell’ACN ci ha visti presenti per un paio di giorni sui TG delle principali emittenti, persino sulla stampa generalista e nei prossimi giorni anche sulle riviste settimanali.
Questa informazione esplosiva, fatta di slogan e messaggi sintetici indirizzati al cittadino, speriamo possa servire a determinare la parte pubblica ad impegnarsi nel rinnovo dell’ACN, se non altro per non dover affrontare, ad urne costantemente aperte, la disillusione della pubblica opinione. Tuttavia ciò che è efficacemente percepito dal cittadino comune, ha generato negli addetti ai lavori anche fraintendimenti ed allarmi. Sono certo non in voi che da anni, ahimè, mi sentite ripetere: “l’mportante è che l’atto ci sia, non è il contratto! E’ indispensabile per avviare la negoziazione, che lo può sempre correggere.”. Ora che la parte pubblica sposa manifestatamente questa tesi con dichiarazioni di stampa dello stesso Presidente della Commissione salute della Conferenza delle regioni è intuitivo, per quanto sopra detto, che sia utile definire, come ho fatto, l’atto d’indirizzo: “«frutto del percorso di consultazione con la Sisac, un atto doveroso, dopo sei anni di blocco della convenzione. Aggiustamenti saranno necessari, ma il giudizio è positivo».
Chi, invece, in questo momento non perde occasione per rinfocolare inutili polemiche strumentali senza fare una analisi complessiva, anche se per quanto sopra detto inutile, ma estrapola solo quello sul quale, giocando sull’equivoco, è più facile estorcere consenso e ricominciare l’accattonaggio iscrittivo opera non per un esito positivo del percorso convenzionale, ma per interesse di parte.
Tutti avete seguito la storia di questa difficile e contorta trattativa iniziata nel 2012. Negli scorsi anni abbiamo tenuto con fermezza la posizione in difesa dell’autonomia del medico convenzionato nei confronti della Conferenza delle regioni, che ha deliberatamente cercato di trasformarci in medici subordinati di serie B, programmando la nostra decimazione per far spazio a professionalità infermieristiche a rapporto di dipendenza.
Questo progetto è stato portato avanti in modo arrogante, stravolgendo il contenuto della legge Balduzzi, che invece ha affidato ai medici convenzionati la competenza esclusiva nell’assistenza primaria. Quella legge Balduzzi che siamo stati accusati di avere determinato, che è stata indicata dai soliti noti come fonte di tutti i mali e che ora è invocata dagli stessi come salvifica perché contiene l’indicazione H 24 a fronte della proposta H 16 dell’atto d’indirizzo (sic).
Ricorderete le mobilitazioni, gli accordi firmati con il Comitato di settore e poi smentiti dalla Conferenza delle regioni, i manifesti nelle città, la resistenza alla SISAC che si ostinava a ribadire proposte irricevibili quali quella di azzerare le varie indennità; fino alla nostra dichiarazione dello sciopero, revocato poi nella notte solo a fronte di garanzie ottenute dal Governo.
Da quell’accordo, che il Governo ha mantenuto, è cominciata la ricostruzione del dialogo con la controparte. Ricostruzione favorita anche dal successo della vertenza salute condotta unitariamente da tutti i medici italiani, che ha aperto una opportunità di concertazione con Governo, Ministero e Regioni, impensabile fino a ieri.
Questo atto di indirizzo non è certo la soluzione di tutti i problemi, ma è di sicuro la dimostrazione che si sono ricostituite le condizioni per una trattativa più etica e rispettosa delle regole.
Come tutti gli atti di indirizzo, anche questo, contiene espressioni equivoche, aperte a interpretazioni e soluzioni diverse, ma anche questa caratteristica, considerando la condizione da cui siamo partiti, contribuisce comunque a identificare un punto di partenza negoziale.
Il nostro futuro non è disegnato nell’atto di indirizzo.
Sarà riconoscibile solo nei contenuti della convenzione quando la firmeremo.
La direzione indicata nell’atto di indirizzo non è opposta a quella da noi desiderata, diverse possono essere le strade da scegliere, ma finalmente ne potremo discutere. Giusto dunque esprimere apprezzamento non tanto per quanto prodotto dalla controparte, ma per l’inizio di una trattativa che dovrà creare le basi e le condizioni del cambiamento, indispensabile alla sopravvivenza della categoria.
Le 16h sono uno slogan, certo non privo di contenuto ma che certamente non vuole significare 16 ore di attività da parte di singoli medici e tanto meno la riduzione delle 24 ore settimanali degli attuali incarichi di continuità assistenziale. Il monte ore complessivo siamo certi, perché garantito da una finanziaria, sarà quello del 2010 e non l’attuale, fortemente ridotto dai tagli lineari degli ultimi anni.
“16h” significa introdurre una flessibilità per consentire, ad ogni azienda sanitaria in accordo con i sindacati, lo spostamento, in misura diversa e ragionata, dell’intensità dell’attività assistenziale della medicina generale dalla notte al giorno, fino anche, dove possibile, a delegare totalmente l’assistenza notturna ad un “118 rinforzato”, il tutto in conformità con la diversa distribuzione oraria nell’arco della giornata dell’intensità di domanda assistenziale.
Chi oggi lavora di giorno potrà usufruire dell’aiuto di chi oggi lavora esclusivamente di notte e nei festivi. Il lavoro di squadra reso più praticabile dalla neutralizzazione della concorrenza sulle scelte.
La prenotazione degli esami dai nostri studi non sarà certo compito del medico, ma, come avviene già in molte parti d’Italia, richiederà la disponibilità di personale di segreteria finanziato dalle Aziende sanitarie. Cosa peraltro da decenni prevista nelle nostre convenzioni.
Neppure la parte pubblica ipotizza che il medico si occupi minimamente di riscuotere eventuali Ticket, ma nulla vieta che ciò possa essere fatto, nelle sedi di medicina generale più organizzate e di dimensioni maggiori, da personale amministrativo dell’ASL distaccato.
Questi gli aspetti che hanno creato più confusione, ma molti altri aspetti e di peso ben maggiore dovranno trovare una chiara definizione nell’ambito delle trattative, anche attraverso numerosi confronti con le sezioni provinciali. Ora l’obiettivo è arrivare al tavolo della trattativa nel miglior modo possibile: uniti, propositivi e determinati.
Giacomo Milillo